Serna

Riprese il cammino e chiese a “Mentore” di mettersi in contatto con la figlia, Serna, che si trovava nelle terre dei Fenarabi, a ‘Rruth.
Jona aveva controllato anche quei luoghi sui libri degli Antichi e aveva scoperto che loro chiamavano quella regione “Libano”, con capitale Beirut. Anche il nome della popolazione era derivato da due delle antiche popolazioni che avevano abitato la zona: Fenici e Arabi.
Quel che non collimava, invece era flora e fauna: dove gli Antichi descrivevano un deserto di rocce e sassi ora c’era una terra verde e boscosa, il deserto era stato respinto per qualche centinaio di chilometri, dietro le alture costiere.
Serna apparve accanto a lui, accoccolata su un grande cuscino dai colori vivaci. Era decisamente strano vedere quel vecchio camminare metodicamente appoggiandosi al suo lungo bastone con a fianco una giovane donna in vestiti decisamente troppo leggeri per quel clima che gli fluttuava a fianco a bordo di un enorme cuscino volante, ma Jona ci era oramai abituato e non notò neppure più la cosa.
“Ciao papà, sei già sveglio?”
“Ho avuto visite.”
“Qualcuno che conosco?”
“Non credo proprio. Mentore, puoi farle vedere?”
“Uhm, bel lucertolone.”
“Non è a dimensioni reali, vero Mentore?”
“Aaaah! Che cos’è questo mostro?”
“Un antenato parecchio lontano, per fortuna, che Dana ha ritenuto bene riportare in vita.”

“Esatto. Ti assicuro che dal vivo fa una certa impressione.”
“Anche in immagine. Ho ancora i capelli dritti in testa.”
“Spero che l’Amuleto non abbia esagerato con il realismo.”
“Chi? Io? Nient’affatto. Ho anche abbassato il volume del ruggito!”
“Capisco.”

“Cambiamo argomento. Come vanno le cose lì?”
Serna cambiò umore d’improvviso, come se le avessero spento la luce dentro:
Jona si riempì i polmoni e cominciò a far uscire un sibilo leggero e vibrante che durò per quasi un minuto.

“Serna, non mi prendere in giro. Che cosa c’è che non va?”
Serna esitò ancora un momento mentre il padre continuava a mettere un piede davanti all’altro con quel passo lento che macinava i chilometri.
“Si tratta di Fermo. Non lo capisco. Qualunque cosa faccia non gli va bene. Ora si è messo in testa di ripartire immediatamente per Gena!”
“E tu?”

Jona era paziente, ma stava per dire qualcosa quando, un chilometro abbondante più tardi, Serna riprese con voce mesta: “Ieri sera abbiamo avuto una lite furiosa. Ha detto che se non riparto con lui dopodomani posso considerare rotto il fidanzamento.”
Jona non ebbe nessun bisogno di chiedere per sapere cosa avesse deciso la figlia che, infatti, dopo un’ulteriore pausa, proseguì.
“Ho chiesto ospitalità al Visir. Il Sultano sarebbe stato più che lieto di avermi a palazzo, ma non voglio dare strane idee a suo figlio.”
Il Mago continuò a tacere, lasciando che lei si sfogasse.
In realtà aveva visto arrivare la burrasca da parecchio tempo, ma aveva ritenuto meglio non intromettersi. Ora si stava mentalmente congratulando con sé stesso per la saggia decisione.
“Perché tutti gli uomini vogliono che faccia quello che dicono loro? Per un po’ sembrano persone normali, poi ti mettono le mani addosso e sono convinti di poter decidere tutto loro! Tu non sei mai stato così!”
“I rapporti sono lievemente diversi, non ti pare?”
“Certo, ma non ti ho mai sentito fare scenate di gelosia nemmeno con la mamma.”
Jona ricordava bene una scenataccia, tanto tempo prima, molto prima che Serna nascesse. Dania l’aveva fatto, verbalmente, a fettine perché lui non si era dimostrato geloso.
“Non credo che sia il caso di tirarmi in ballo.”
“Perché? Non sei un uomo, forse?”
“Non saprei. Tu pensi che io sia un uomo?”
“Certo che sei un uomo! Che razza di idee.”
“Comunque non credo di essere una buona pietra di paragone.”
“Perché?” Serna si era fatta attenta; lo sfogo era dimenticato. Il Mago stava cercando di dirle qualcosa di importante.
“Dove sono?”
“In America, credo, comunque parecchio lontano verso est.”
“E perché sono qui?”
“Perché Thano ti ha mandato in missione.”
“Quanti uomini conosci che siano stati mandati in missione da Thano?”
“Nessuno, cioè, nessun altro. Insomma: uno.”
Silenzio.
“Va bene. Ho capito. Non sei esattamente il prototipo dell’uomo medio. Ciò non toglie tu, come uomo, possa capire Fermo meglio di me.”
“Probabile.”
“E allora: mi spieghi?”
“Cosa?”
“Perché i maschietti sono così dannatamente possessivi?”
“Non generalizzare.”
“Ma se hai detto tu che sei quasi unico!”
“Non ricordo di aver detto nulla del genere, anche se è vero per ciascuno di noi.”
“Certo che ognuno è unico, a modo suo, ma non è questo che intendevo. Sei stato tu a tirare in ballo la Missione di Thano!”
“Vero. Che c’entra con la possessività dei maschietti?”
Stavolta fu Serna a cantare l’OM come le aveva insegnato il Djinn. Un suono lungo e profondo, una vibrazione intensa e uniforme.
Quando riaprì gli occhi aveva un vago sorriso: “Va bene, stavi solo dicendo che non posso considerarti come “uomo medio”, ma che la differenza potrebbe non aver niente a che fare con il fatto di esser geloso o meno. Penso invece che c’entri e parecchio.”
“Perché?”
“Questo non lo so, ci devo pensare. Un’altra cosa di cui sono sicura è che hai le idee molto più chiare di quanto tu voglia far apparire sulla questione della possessività dei maschietti.”
“Può essere. Di che specie sarebbero questi “maschietti”?”
“Mi prendi in giro? Che vuoi che mi interessi dei maschi di cervo o di dromedario?” La voce le si spense lentamente e Serna ricominciò a cantare.
Jona si sentì mancare il respiro mentre cercava inconsciamente di tener dietro la lunga espirazione della figlia.
“Mi stai dicendo che quel comportamento è normale, in quanto è il retaggio di millenni di evoluzione, ma che può essere modificato”, disse alla fine incredula.
“Milioni di anni, cara, molti milioni di anni.”
“Ma allora non c’è niente da fare?” Serna sembrava sconsolata.
“Non puoi impedire al sole di calare la sera”, le disse Jona sorridendo, “ma puoi procurarti una lampada che ti faccia luce nella notte.”
“Dove la trovo questa lampada?”
“Prima spiegami perché vuoi la lampada.”
“Perché non voglio rimanere al buio.”
“E chi ti dice che rimarrai al buio?”

“Se?”
Un istante di confusione, poi il viso di Serna si illuminò:

Il collegamento si era appena chiuso che l’Amuleto si produsse in un’omerica risata che lasciò Jona di stucco: “Che ti prende?”
“Pare che il vecchio Socrate abbia un altro discepolo.”
“Ma che dici?”
“Vuoi risentire la tua conversazione con Serna? Bada bene a non lamentarti mai più se ti faccio domande invece di darti risposte, sai?”