Thano apparve loro la notte in cui rientrarono a casa, stanchi e tesi.
“Vedo che cominciate a rendervi conto che il vostro lavoro non sarà facile”, sogghignò il Dio,
I due scattarono in piedi come morsi da una tarantola. L’impressione che avevano avuto era stata esattamente quella, ma adesso stava già scomparendo.
“Così va meglio”, proseguì il Dio in tono discorsivo, “c’è ancora molto lavoro da fare e non credo che possiate farlo da soli, nonostante l’indubbia buona volontà”, disse indicando la mappa con i venti segni in bella mostra sul tavolo.
Ahmanejadil aiutò la moglie ad accendere i piccolo forno per il pane che era stato costruito incastrato nel muro di pietra della casetta. Entrambi avevano sentito la sferza della voce del Dio sulla loro pelle e si muovevano come automi, svuotati da ogni volontà propria.
Passò parecchio tempo prima che il forno, spento da una settimana, si scaldasse e diventasse una piccola fornace incandescente.
Da quella fornace uscì uno strano essere, un omuncolo alto una trentina di centimetri con la pelle completamente rossa, barba e capelli nerissimi così come le corna che gli ornavano la fronte, le grandi ali da pipistrello e la punta della coda a forma di lancia.
“Vi presento Shaitan”, disse Thano con un leggero inchino, “vi aiuterà ad organizzarvi, ma attenzione: non tutti i suoi consigli sono buoni.”
Il Dio non era più con loro.