Jona camminava con i lunghi passi lenti di chi sa di avere molta strada davanti a sé. Ora che il viaggio era ufficialmente iniziato — il vero momento della partenza, nella sua mente, era stato quando aveva salutato la figlia — il suo umore era cambiato, come sempre gli succedeva all’inizio di un nuovo compito.
Prima era il tempo delle preoccupazioni, delle paure, delle incertezze.
Ora era il momento del fare; Jona si muoveva in scioltezza, raramente voleva vedere un lavoro finire in fretta. Di solito voleva vederlo finito bene. Nella sua mente aver “fretta” era quasi sinonimo di abborracciare, tirar via, fare male. Oh, certo, a volte le cose dovevano essere fatte velocemente, ma mai “in fretta”.
Lasciò la mente vagare mentre le gambe facevano il loro mestiere.
Aveva una ragionevole speranza di arrivare alla fine del viaggio. Thano non avrebbe inscenato una commedia così complicata solo per farlo precipitare in un burrone, ma, comunque, meglio guardare bene dove si mettono i piedi, tanto per stare sul sicuro.
Continuò a camminare per un paio d’ore prima di arrivare al Fontanile Alto.
Il Fontanile Alto era al centro di un vasto pascolo verde che sorgeva a mezza costa, sulla cima di una collina, proprio ai piedi delle montagne. Anche lì non c’era nessuno. Le greggi, nella bella stagione, erano tutte nei pascoli d’alta quota. Lì si era ancora relativamente in basso, a poche centinaia di metri sopra il mare.
La vista era splendida. Jona indugiò a lungo. Sotto di lui il golfo di Tigu si apriva verso il mare aperto. Da qui era facile capire la vocazione marinara delle genti di Ligu. Le montagne schiacciavano i paesi verso il mare e, nonostante gli eroici tentativi di colonizzarle con terrazzamenti, era verso il mare che si andava per cercare cibo e commerci. Un mare generoso, ma che esigeva anche un alto prezzo. Tante, troppe navi non erano tornate in porto. Jona si vide, per un momento, come una nave appena fuori dal porto.
“Beh, se stiamo lasciando il porto, è bene pensare alla rotta”, disse rivolgendosi all’Amuleto che era rimasto al suo posto, incastonato nel bastone. L’Amuleto si accese, ma rimase silenzioso. Jona lo tolse dalla sua sede e lo tenne in mano soppesandolo per qualche momento, mentre osservava la bussola che continuava a puntare dritta a nord.
“In mare potrei cercare di seguire la rotta più breve, ma qui non siamo in mare. Non potresti essere un po’ più preciso nell’indicarmi la strada? Qui finisce anche il sentiero principale e ne cominciano parecchi altri che, per la maggior parte, non conosco.”
“Ogni Vostro desiderio è un ordine!”, Jona rimase allibito. L’Amuleto lo stava prendendo in giro? Il suo — l’Amuleto di Serna, ora, si corresse mentalmente — non gli aveva mai parlato così. Un istante dopo il pensiero fu dimenticato.
Sopra l’Amuleto si era formata un’immagine di cui Jona non aveva mai visto nulla di simile. Era indubitabilmente una mappa delle montagne, ma non era una mappa. Sembrava che le montagne stesse fossero state rimpicciolite e Jona le guardasse dall’alto.
“Noi siamo qui”, disse l’Amuleto facendo apparire un cerchietto rosso in mezzo ad un minuscolo prato verde, “e il passo sta lì”, un cerchietto verde apparve fra due cime verso nord-nord-est. Una sottile linea gialla serpeggiava fra i due cerchietti.
Jona si guardò attorno cercando di orientarsi. Ai suoi piedi apparve una striscia gialla, o meglio, una stretta stradina formata da piccoli mattoni gialli. La stradina proseguiva per pochi passi verso nord e poi diventava diafana e spariva.
Jona fece qualche passo sulla stradina e non si stupì certo di sentire l’erba sotto i piedi. Sapeva che si trattava di un’immagine senza corpo prodotta dall’Amuleto. La stradina spariva alle sue spalle e, davanti a lui, si allungava man mano che procedeva.
Dopo pochi passi Jona deviò verso il fontanile. Depose lo zaino e bevve un po’ d’acqua. Guardò il sole. Aveva ancora almeno quattro ore di luce buona.
“Mi fai rivedere la mappa, per favore?”
La mappa ricomparve mentre la stradina spariva.