Si diressero verso nord, seguendo le indicazioni della bussola che continuava a puntare ostinata in quella direzione.
A nord c’erano le montagne, così vicine da sembrare un’immensa onda che volesse infrangersi sulla spiaggia dal lato sbagliato.
Appena uscita dal paese la strada prese ad arrampicarsi sui primi contrafforti coltivati a terrazze. Jona si guardava intorno per imprimersi nella memoria quel panorama familiare che stava per lasciare per chissà quanto tempo. Forse per sempre.
Un brivido gli corse lungo la schiena. Conosceva Ligu come le sue tasche, aveva viaggiato spesso e volentieri, ma non aveva quasi mai lasciato i suoi confini. Solo una volta era arrivato a sud, oltre il fiume che segnava il confine e dove le montagne si allontanavano dal mare, lasciando in mezzo chilometri di una strana terra piatta che chiamavano pianura. Chissà se avrebbe rivisto un simile spettacolo?
La strada li condusse a Lava, dove c’erano le cave di ardesia usata per i tetti. Era oramai tarda mattinata e la carrareccia finiva lì.
Verso nord proseguiva un sentiero usato dai pastori, largo e comodo, ma inadatto per il calesse.
Serna tirò le redini proprio nello spiazzo, alla fine di Lava dove cominciava il sentiero, vicino al lungo fontanile. Non c’era nessuno lì intorno.
Jona condusse il cavallo ad abbeverarsi senza staccarlo dal calesse. La sosta sarebbe stata breve.
Stava pensando intensamente, voleva dire qualcosa alla figlia prima di andarsene, ma non riusciva a trovar nulla che non fosse o banale o terribilmente retorico.
Serna interruppe i suoi pensieri:
Jona si voltò e aprì le braccia. Serna volò ad abbracciarlo. “Grazie.”
Fecero uno spuntino leggero, mentre una parte di Jona, rasserenato, notava come Serna avesse imparato bene le tecniche per rompere la tensione che lui stesso le aveva insegnato. Il fardello del Mago-Mediatore era pesante e lui lo sapeva, ma quelle spalle erano solide. Non doveva preoccuparsi troppo per lei.