In pochi minuti di corsa forsennata erano di fronte alla costa. Puntavano dritti verso la scogliera del capo, come se volessero andarci contro. Solo all’ultimo momento Serna vide che davanti a loro si apriva un lungo tunnel oscuro. Il pesce entrò senza rallentare e, dopo un breve tragitto nel buio più assoluto, si fermò in una piccola caverna avvolta nella penombra. Riaprì la bocca e la lingua andò a posarsi su un piccolo molo sotterraneo di pietra liscia e umida. Serna scese e il pesce si rituffò senza rumore.
Dal molo partiva una scala scavata nella roccia; lei cominciò a salire lentamente.
“Amuleto: luce!” disse nella lingua della magia. L’Amuleto divenne più luminoso e proiettò un fascio di luce giallastra davanti a lei. La scala era molto antica, ma ben tenuta e pulita. Esattamente duemila gradini più tardi si trovò davanti a un archetto coperto da una tenda pesante. Dopo un istante di esitazione Serna la scostò e uscì alla luce del sole.
“Ti stavo aspettando. Posso offrirti un rinfresco? Devi essere stanca.”
Tarasso, il Sacerdote di Posse, le stava offrendo una coppa di succo di frutta.
Serna si rese conto che aveva ragione; la tensione era stata forte.
“Grazie”, disse sincera assaporando il liquido asprigno; melograno e lamponi? Combinazione interessante.
“Posse ha un’alta considerazione di te. Ti conviene non deluderlo.” Serna venne riportata con i piedi per terra da quella semplice constatazione. Le implicazioni erano molteplici. Passare inosservati, al di sotto del livello della coscienza degli Dei era relativamente facile. Essere notati era un privilegio di pochi, ma, spesso, anche una maledizione.
“Non ho mai cercato di passare inosservata”, disse Serna ad alta voce seguendo i suoi pensieri.
“No, penso proprio di no”, assentì Tarasso, “Devono essersi accorti di te fin da quando hai rubato l’amuleto di tuo padre per fare i fuochi in cielo sulla spiaggia”.
Serna arrossì. Tarasso aveva solo una decina d’anni più di lei e, quella famosa sera, era anche lui con gli altri ragazzi alla spiaggia. Lei aveva solo cinque anni e suo padre era andato su tutte le furie. Non aveva alcuna difficoltà a ricordare il dolore delle tre scudisciate che le aveva affibbiato sulle gambe, né l’umiliazione per il fatto che la punizione fosse pubblica. Ora sapeva che suo padre era stato orgoglioso della sua performance, anche se l’aveva punita come meritava. Non era strano che una bambina cercasse di giocare con gli attrezzi dei grandi, ma era assolutamente eccezionale che l’Amuleto si lasciasse rubare e cooperasse con lei. Lo spettacolo di fuochi in cielo era stato veramente bello
“Sapevi perché Posse era così arrabbiato con i pescatori?”
“Non di preciso. Ho visto anch’io la devastazione solo ora”, disse indicandole quella che a Serna era sembrata un’ampia fontana. Era sbucata in una zona del tempio che non aveva mai visitato, sotto un ampio porticato c’era la fontana. Serna si avvicinò e vide che si trattava di un gigantesco occhio degli Dei. Una riproduzione in miniatura del tratto di mare davanti al golfo di Tigu. Tarasso mormorò qualche parola e la vista cambiò, mostrando la sommità della secca. Era possibile vedere tutte le ferite inferte dalle reti.
Serna annuì meditabonda. “Grazie. Avrò bisogno del tuo aiuto.” “
Rimase ancora un po’ a parlare con Tarasso e accettò un leggero spuntino, poi ripartì verso casa. Era ancora mattina e il sole stava appena cominciando a scaldare l’aria. La strada era lunga, ma tutta in discesa. Serna si mise al piccolo trotto, impaziente di arrivare. Per fortuna aveva messo un paio di solide scarpe e non i sandali leggeri che usava di solito quando andava al mare.