Veleggiando verso il Grande Fiume

Una pioggia fredda e insistente bagnava le vele, sembrava che fosse finalmente giunto l’inverno anche in queste terre calde. Posse, comunque, trattene la sua furia: vento teso e pioggia sferzante non si trasformarono mai in vera burrasca.

La nave correva veloce con Agio al timone, riparato da un tendone tirato su all’uopo.

Sotto coperta Serna, Fermo e il Geco — la Maga aveva cominciato a usare il suo soprannome non appena era stata sicura che a lui non dispiaceva, trovando “Sindehajad” insopportabilmente lungo — stavano cercando una strategia per ritrovare il Principe.

“Quello che sappiamo è che Samaldinir è scomparso la notte prima che arrivassero alle secche del Grande Fiume.”
“Siamo ancora troppo lontani perché io possa vedere quella zona.”
“Comunque deve essere ben lontana, visto che il nostro uomo ci ha detto che ci sono voluti sei giorni, su quel rottame di nave spinto dal vento di sud, per arrivare al delta e poi sono stati spinti a occidente per molti giorni, prima di fare definitivo naufragio.”
Il Geco spianò bene la rozza mappa che Serna aveva disegnato ricopiando le informazioni dell’Amuleto:

Serna e Fermo si guardarono sentendo un brivido lungo la schiena.
Il Dio che si divertiva a fare scherzi complicati, che facevano divertire solo lui, era uno solo e il suo interessamento non lasciava presagire niente di buono.
Se era vero allora niente era casuale, in quel viaggio.

Serna pescò una piccola borsa dalle pieghe del suo vestito e da questa trasse il rocchetto con i due anelli d’ottone: “Che cos’è questo?”

Il Geco sgranò gli occhi stupito: “Dove hai preso quel ruhmal?”
“Prima tu ci dici che cos’è di preciso e poi noi ti diciamo chi ce lo ha dato”, intervenne Fermo.

Sindehajad lo ignorò platealmente e rispose a Serna:
“Un’arma? Ma è solo un filo!”
Il Geco la guardò con aria di sufficienza: “Hai idea di che cosa possa fare quel “filo”?”

La risata improvvisa la interruppe.
“Che ho detto di tanto buffo?”
“Non riusciresti mai a rompere quel filo. Gli anelli si romperebbero molto prima. Nessuno è mai riuscito a rompere un filo di Seta Nera. Guarda!” Prese il rocchetto e, premendo il piccolo pulsante, fece srotolare un palmo di un filo che si vedeva appena tanto era sottile. Tenendolo per i due anelli e facendo bene attenzione a non toccarlo lo fece scivolare lungo il bordo del tavolo staccandone una sottile scheggia perfettamente liscia, come se il tavolo fosse stato di burro, poi ne avvolse una spira sul collo di una bottiglia e tirò leggermente: anche quella venne recisa con un taglio netto, come nessun coltello avrebbe potuto fare.

Il Geco fece riavvolgere strettamente il filo e lo restituì a Serna: “Attenta a come lo maneggi: cercare di toccarlo è un buon modo per restare senza dita.”

La mente della Maga stava inseguendo i risvolti di quello che aveva visto, a cominciare dal chiedersi perché la bottiglia s’era tagliata a quel modo, ma gli anelli di ottone non sembravano aver subito danni, quando la voce pacata di Fermo la riportò bruscamente al presente: “E perché il tuo padrone ha mandato un Assassino in missione con il Principe?”
“Sayif un Assassino? Non ci posso credere!”
Sembrava sincero e, a quanto testimoniava l’Amuleto, lo era.

“Non sappiamo se fosse un Assassino, ma questo lo aveva lui, assieme a poche altre cose.”
“Un Assassino non si separa mai dal suo ruhmal. Sono rari, preziosi e, soprattutto, una specie di distintivo.”
“Quindi ora siamo degli Assassini?” Lo schernì Fermo.
Io, con quello in tasca, potrei farmi passare per un Assassino, almeno per un po’.”

“Ma chi sono, esattamente, questi “Assassini”?”, chiese alla fine Serna.
“Sono una setta, particolarmente devota a Thano, ma anche fedele al Califfo di Gadadh, che li usa per togliere di mezzo tutti quelli che non accettano la sua autorità. Tra quelli che si oppongono all’espansione del Califfato c’è proprio il Visir di ‘Ruth. Per questo non riesco a credere che lui abbia al suo servizio un Assassino. Molto più facile fosse il bersaglio.”
“Ho come il sospetto che Duliana potrebbe raccontarci cose interessanti.”
“Duliana?”

Il Geco proruppe in una risata amara: “Ho capito. Duliana è in grado di far perdere la testa a qualunque uomo, se vuole. Il povero Sayif deve essere arrivato per regolare i conti con il Visir e si è trovato impegolato dai profumi di Duliana.”

“Ma tu non ne sapevi nulla?” Intervenne Fermo.
“Io sono il capo dei giannizzeri, le guardie private del Visir e ho avuto molti incarichi delicati, ma non mi viene detto nulla che non sia necessario perché io faccia il mio dovere efficientemente. Da voi si usa raccontare i fatti propri a tutto il palazzo?”
“No, nemmeno da noi si usa raccontare i fatti propri a chicchessia”, rispose Serna fingendo di non aver percepito i sovrattoni acidi, “ma pensavamo che tu fossi qualcosa di più del capo delle guardie, per il Visir.”

“Senza dubbio Duliana sa molte cose che io non so, e viceversa. Facciamo lavori diversi, sai?”

Fermo prese queste parole come una battuta, mentre Serna, pur fingendo di non dare importanza alla cosa, rimase colpita: Sindehajad considerava Duliana una pari grado.