2: I Preparativi

Consiglio di Guerra

La mattina seguente, dopo colazione, furono tre le persone che salirono nello studio del Mago per un’altra giornata di lavoro.

Darda cominciò a narrare la leggenda del Sacerdote di Palla, ma presto dovette interrompersi. Aveva sentito la storia tanto tempo prima e non era certamente una delle sue preferite. Le uniche cose che ricordava chiaramente erano l’inizio:

“Comunicazione. Sacerdote di Isto”, disse con voce piana non appena la luce rossa apparve.
“Quale “Sacerdote di Isto”?” chiese l’Amuleto con una voce maschile completamente diversa da quella del suo predecessore Il mago sobbalzò sorpreso e — mentre rispondeva automaticamente: “Marlo” — registrò mentalmente il fatto che questo nuovo Amuleto era completamente differente e ne avrebbe dovuto scoprirne le potenzialità. Aveva impiegato una vita a conoscere il non-più-suo Amuleto e a diventarne amico. Tutto da rifare. Comunque alcune implicazioni erano interessanti: l’altro non aveva mai dato cenno di poter comunicare con Portatori che il Mago non conoscesse personalmente

Nel frattempo era apparso un volto circondato da un’aura viola che sembrava molto preoccupato:
“Jona, sei tu?”
“Sì, sono io. Temo dovrai abituarti a questa nuova aura rossa.”
“Thano.”
“Già, Thano. Possiamo venire a trovarti?”
“Certo, quando?”
“Ora, credo”, disse Jona lanciando un’occhiata interrogativa a Serna e Darda. Le due annuirono all’unisono.
“Ci metterete almeno un paio d’ore ad arrivare qua. Vi aspetto per il pranzo.”

Il tempio di Isto

I tre si prepararono in fretta e poi salirono a bordo del calesse del Mago che, afferrate le redini, le fece schioccare sonoramente mettendo in movimento il cavallino muscoloso.
Percorsero con la maggior velocità possibile le strade cittadine ingombre del traffico mattutino, rasentarono il porto e poi proseguirono sulla stradina di terra e ciottoli che andava a occidente, verso il golfo di Tigu.

Il tempio di Isto sorgeva presso la cima del promontorio che chiudeva il golfo a occidente, appena dietro il tempio di Posse, Dio del Mare, che ne occupava la sommità.
Il posto era splendido. Si dominava l’intero golfo di Tigu a oriente e si vedeva buona parte del territorio di Geva dall’altra.
I due templi erano due magioni imponenti ma essenziali e funzionali, organizzate attorno ad un ampio cortile. Nel tempio di Isto, sul porticato interno davano le stanze degli studenti. Il tempio, infatti, fungeva anche da scuola superiore e Jona ricordava bene gli anni passati lì. Anche Darda e Serna avevano passato cinque anni fra quelle mura; Serna ne era uscita solo l’anno prima e aveva ancora ben presente la severità degli insegnanti, mentre gli altri due ricordavano soprattutto la loro giovinezza.
Un discepolo li accolse nel cortile interno e li fece accomodare direttamente nell’appartamento privato di Marlo.

Il sacerdote era di mezza età, ancora in buona salute, ma con l’aspetto tipico di chi ha passato più tempo sui libri che all’aria aperta. Si alzò dal suo scrittoio e venne a salutarli. Se la presenza di Darda lo sorprese, non lo diede a vedere.
Esauriti i convenevoli di rito, fu proprio lei a introdurre l’argomento della loro visita:
Marlo la guardò come se avesse detto un’eresia
“Le ‘leggende’ di Isto sono sempre vere! A volte noi non le capiamo, ma sono sempre letteralmente vere. Gli Dei non mentono mai!”
Darda non si lasciò intimorire:
“Proprio così!” la interruppe Marlo,
“Venite, sediamoci a tavola e raccontatemi cosa è successo. Mi raccomando: cercate di essere precisi alla lettera; è importante.”
Mentre si avvicinavano alla tavola spartanamente apparecchiata, Jona pensò che quanto Marlo aveva detto, in fondo, lo aveva sempre saputo, ma non lo aveva mai sentito dire con altrettanta forza e precisione.
Durante il pranzo il Mago raccontò gli avvenimenti della sera precedente, occasionalmente interrotto dalle due donne per precisare parole e fatti.
“Non credo ci siano dubbi: Thano vuole veramente tu faccia un viaggio di ricerca, ma, in realtà, non ha detto nulla riguardo alle tue effettive possibilità di riuscita; “Se riuscirai a raggiungerli” suona molto simile a: “Se il mare si trasferirà in montagna”” disse Marlo con una faccia che non contribuì certo a sollevare il morale di Jona.
“Comunque sono d’accordo con Darda: la leggenda comincia in modo veramente simile”, proseguì il sacerdote.
Si appoggiò allo schienale della sua sedia, chiuse gli occhi e, mentre il suo amuleto pulsava lievemente della sua luce viola, cominciò a raccontare:

Il Sacerdote aveva un fedele discepolo e a lui affidò il suo vecchio Amuleto.
Il Sacerdote chiese al suo nuovo Amuleto rosso cosa dovesse fare per compiacere Thano e l’Amuleto gli indicò la strada.
Il Sacerdote partì seguendo le indicazioni dell’Amuleto verso il sole nascente.
Valicò montagne.
Attraversò fiumi.
Percorse pianure senza fine.
Il fedele discepolo continuò ad avere notizie del suo maestro perché, per quanto lontani fossero, i due Amuleti continuavano a comunicare.
Il Sacerdote attraversò una gran pianura di piccoli villaggi agricoli sparsi e si stupì nel vedere che non c’erano gendarmi e non sembrava essercene bisogno.
Il Sacerdote attraversò boschi, dove gli uomini vivevano su grandi alberi in piccoli gruppi separati.
Il Sacerdote attraversò montagne, dove comunità vivevano di pastorizia.
Il Sacerdote attraversò un grande paese, dove gli uomini si riproducevano come conigli senza rispetto per Opia e avevano coperto la terra con le loro case e i loro campi.
Il Sacerdote arrivò al mare e vide pescatori inseguire pesci grandi come case.
Il Sacerdote attraversò il mare e giunse in una terra dominata dai guerrieri che si combattevano senza posa.
Il Sacerdote si imbarcò per le grandi isole, dove incontrò i Sapienti degli Antichi.
Il Sacerdote arrivò al Grande Mare che nessuno aveva il coraggio di affrontare.
Il Sacerdote s’imbarcò da solo e arrivò alla Torre degli Dei.
Il Sacerdote entrò nella torre e quindi non si seppe più nulla di lui.
“Ma non dice niente!” esclamò Serna, rimediando istantaneamente ben tre occhiatacce contemporanee.
Poi Darda sorrise: “Probabilmente è quello che pensavo anch’io da ragazza; per questo ricordavo così poco.”
“Effettivamente questa storia è molto diversa dalle altre leggende che, di solito, hanno una chiara morale”, cominciò Marlo, poi il suo Amuleto produsse un lieve ronzio e lui s’interruppe.
“Isto mi dice che questo è tutto quello che posso dirvi”, concluse.

Continuarono a chiacchierare per alcuni minuti di altri argomenti, e di Serna che sarebbe stata, d’ora in poi e a tutti gli effetti, la nuova Maga di Tigu. La ragazza parve preoccupata da quella responsabilità calatale sulle spalle all’improvviso e, soprattutto, ben prima di quanto s’aspettasse, ma la normale incoscienza giovanile le impedì di sentirsi troppo oppressa. Il sole era ancora molto alto e caldo quando risalirono sul calesse e Jona cominciò a guidarlo lungo la tortuosa discesa che riportava verso casa.

Serna aveva continuato a riflettere. Il fatto di non aver capito subito qualcosa le bruciava e voleva dimostrare di essere all’altezza delle nuove responsabilità.
“”Il Sacerdote chiese al suo nuovo Amuleto rosso cosa dovesse fare per compiacere Thano e l’Amuleto gli indicò la strada.” Sembra un’indicazione precisa”, disse improvvisamente.
“Vero.”
“Amuleto, dove devo andare?”
Quello non rispose, non emise neppure la solita luce rossa, ma, sulla sua superficie, comparve il disegno di un’elaborata freccia, simile a quelle delle bussole che indicavano il nord ai naviganti. Sembrava un disegno ma puntava sempre all’incirca verso nord, comunque lo si muovesse.
“Beh, quest’Amuleto è di poche parole, ma sembra avere le idee chiare. Che altro, Serna?”
Serna prese in mano il suo Amuleto e disse: “Amuleto, puoi comunicare con quello di mio padre?”
L’Amuleto mostrò il suo Avatar e rispose: “Sì, devo?”
“No. Ora non è necessario. Potrai rimanere in contatto quando mio padre sarà partito? Potrai dirmi dove si trova?”
“Sì, agli Dei piacendo.”
Serna rimase interdetta. L’Amuleto, ovviamente, era emanazione degli Dei, quindi la precisazione era del tutto inutile, o stava cercando di dirle qualcosa?
Jona annuì facendole segno di tacere. Serna cambiò argomento:

“Tutti vedremo Thano di persona.”
“Intendevo: prima della morte!”
“So cosa intendevi, ma le due cose potrebbero anche coincidere.”
Serna guardò il padre preoccupata: possibile che lo aspettasse un così lungo viaggio solo per arrivare a morire? Ci sono modi più facili
“Non credo che quello sia il problema”, intervenne Darda, in parte per deviare i pensieri di padre e figlia che avevano preso una china pericolosa e in parte per vera convinzione, “Da quello che racconta la Leggenda, il Sacerdote riuscì veramente ad arrivare in cielo, quindi la promessa di Thano ha un valore.”
“Uhm. Forse. Isto dice solo che “entrò nella torre”, non quello che accadde dopo” chiosò Jona.
Serna rifletteva intensamente; sapeva bene che Thano e Isto, essendo uno il Dio dell’Inganno e l’altro il Dio della Verità, non andavano molto d’accordo. Isto non avrebbe mai aiutato Thano
“Semplicemente: non abbiamo dati. Inutile arrovellarsi. Non credo che si possano trovare le risposte qui, anche se tutti gli Dei volessero aiutarci, e non pare che questo sia il caso.” Guardò la Bussola. “Almeno so in che direzione devo andare. Cominciamo a pensare ai preparativi.”
“Il viaggio sarà lungo e in territori molto diversi.”, disse Serna ancora meditabonda, “Temo dovrai viaggiare leggero.”
“Almeno siamo in primavera. Il mantello basterà a proteggermi.”

I preparativi

Dopo cena, con i bambini avviati ai loro letti, Jona prese la parola per quello che, a tutti gli effetti, era un addio.

“Devo partire. Come sapete Thano me l’ha imposto e non posso né rifiutare né farlo attendere troppo.” Mise il suo nuovo Amuleto sul tavolo. “Questo è tutto quello che so”, disse mostrando la Bussola disegnata sulla superficie dell’Amuleto, che continuava a puntare a nord, e lo mosse per far vedere come indicasse ostinatamente sempre la stessa direzione.

“I tuoi abiti da viaggio sono già nello zaino, Jona, assieme alle cose che portavi in montagna quando tu e Modio andavate nelle vostre “cacce””, disse Dania senza guardarlo negli occhi.

“Adesso devo preparare le ultime cose”, tagliò corto, “ci vediamo domattina a colazione.”

Consiglio

“Amuleto, perché mi hai impedito di chiamare mia moglie?”, disse Jona appena entrato nello studio.
“Chiedilo a Thano”, fu la serafica risposta.
“Lo sto chiedendo a te, e sono sicuro che lo sai!”
“Ha ragione”, intervenne Darda,
Jona sapeva benissimo che aveva ragione, ma non era disposto a concedergliela. Cambiò bruscamente argomento: “Il viaggio si prospetta lungo. Come farò a vivere? Non sono più un Mago.”
“Io ti aiuterò e anche i Sacerdoti di tutti gli Dei ti aiuteranno, in questa Caccia”, disse l’Amuleto.
“Comunque io mi porterei un po’ di quelle palline d’oro che usano i Mercanti quando vanno in terre lontane”, suggerì Darda.

“Papà, per favore! Sai benissimo che quelle “risorse” sono, per la stragrande maggioranza, tue e, comunque, qualunque cosa tu riesca a ficcare in quel dannatissimo zaino senza romperti la schiena sotto il suo peso non farà differenza per “questa famiglia”! Papà cerca di tornare! A qualunque costo!” Serna aveva cominciato a parlare in tono ragionevole, ma aveva terminato con voce alterata a un passo dalle lacrime. Jona la prese per le spalle e la guardò dritta negli occhi per un istante, poi, senza dire una parola, la abbracciò forte.
Quando la stretta si allentò entrambi passarono la mano sul volto. All’unisono. Come si fossero messi d’accordo, e, in un certo senso, era proprio così.
“Vai a prendere le pepite. Non troppe: pesano. Mettine poche per ogni sacchetto: meglio non far vedere che ho troppo denaro.”
Raccolse il suo bastone da passeggio, solido e lungo quasi due metri, poteva servire benissimo anche da arma. Sulla parte superiore c’era un castone di legno, dove lui poteva inserire l’Amuleto, ma il nuovo amuleto era ben più piccolo del vecchio. Prese a trafficare con cinghie e legacci per incastrarlo in un posto chiaramente non adatto.
“Posso usare quello sgabello?” disse all’improvviso l’amuleto.
Prima che Jona, stupito, potesse dire qualcosa l’amuleto cominciò a brillare e sottili volute di fumo bianco cominciarono a salire dal sedile dello sgabello, che era una spessa tavola di lucido legno di ulivo. Jona rimase fermo a guardare, con l’Amuleto che vibrava lievemente nella sua mano. Sulla tavola comparvero dei solchi come se la stessero incidendo con un bulino.
Pochi minuti dopo lo sgabello aveva un largo buco al centro e Jona teneva in mano una corona che adattava il castone del bastone alle dimensioni dell’amuleto. Quali altre sorprese aveva in serbo? Il vecchio amuleto non aveva mai mostrato di poter fare, da solo, lavori di tale precisione.
Poco dopo tornò Serna con cinque piccole borse di pelle ben gonfie e con lo zaino di ruvida stoffa marrone, già mezzo pieno.
Jona aggiunse poche cose, poi provò a indossarlo; era ragionevolmente leggero, ma sapeva che avrebbe dovuto ancora mettere cibo e acqua, anche se quella non era, per il momento, un problema: le tasche di neve sui monti Penn si stavano ancora sciogliendo al tepore della primavera e c’erano torrentelli d’acqua pulita in abbondanza.
Finiti gli ultimi preparativi, i tre si ritirarono nelle rispettive stanze.

Jona trovò Dania che lo aspettava per salutarlo come una donna saluta il suo uomo quando vuole che lui ritorni.